Ma il governo Draghi intende promuovere integralmente e normalizzare l'esperienza della "didattica a distanza". Oltre la pandemia, oltre l'emergenza, il depauperamento della scuola pubblica e della sua funzione pedagogica e formativa passa per il proseguimento della subordinazione dell'istruzione, anche pubblica, alle grandi multinazionali digitali.
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Torno ad un passaggio del discorso sulla fiducia al Senato di Draghi: " Occorre infine costruire sull’esperienza di didattica a distanza maturata nello scorso anno sviluppandone le potenzialità con l’impiego di strumenti digitali che potranno essere utilizzati nella didattica in presenza.".
Questa chiosa potrebbe sembrare scontata o innocua. Non lo è, per quanto fosse una impostazione decisamente attesa. In primo luogo, sarebbe del tutto scontato che, esattamente come posso fare una fotocopia, posso inviare un file multimediale o altro ai miei studenti. Tutti siamo ormai abituati ad usare strumenti digitali. Perché mai, allora, l'esigenza di ricordarlo proprio nel discorso sulla fiducia? Ma proprio perché non è questo che si vuole affermare. Si intende, invece, che tutta l'esperienza della cosiddetta didattica a distanza deve essere promossa, nelle forme che ha assunto.
Il riferimento non ha, dunque, nulla di innocuo, perché viene dopo un anno di didattica google e perché chiude il capitolo sulla scuola non di un discorso qualsiasi, ma del discorso con il quale Mario Draghi ha chiesto, e largamente ottenuto, la fiducia al Senato. Il riferimento deve, dunque, essere inserito all'interno del progetto politico generale che lo chiarisce. L'insediamento all'Istruzione di un economista del profilo di Patrizio Bianchi ne completa il senso.
Oltre la pandemia, oltre l'emergenza, il depauperamento della scuola pubblica e della sua funzione pedagogica e formativa passa per il proseguimento della subordinazione dell'istruzione, anche pubblica, alle grandi multinazionali digitali. L'attacco alla cultura del lavoro è, ovviamente, del tutto simultaneo: il depauperamento della funzione e della dignità degli insegnanti e quello della funzione pedagogica della scuola pubblica sono una cosa sola. Il legislatore ha già iniziato a prendere la palla al balzo. Anche nel comparto della scuola il tele-lavoro (o smart-working che fa parecchio più cool) richiederebbe una nuova impostazione sul fronte della difesa dei diritti del lavoro e della cultura del lavoro, ma siamo in svantaggio e in ritardo, tanto che l'accresciuto carico di lavoro a parità di retribuzione è stato ignorato.
Purtroppo un anno di didattica google ha approfondito la deriva mercantilistica e prestazionale della scuola pubblica, senza che dal mondo sindacale e della scuola sia provenuta alcuna risposta coesa ed efficace. Penso che si prepari una nuova stagione di arretramento dei diritti (anzi, è già iniziata), di fronte alla quale dovremo essere vigili ma anche capaci di riprendere una iniziativa efficace. E, forse, di immaginare nuove forme di coordinamento e di lotta, di fronte a scenari inediti.
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