[fonte immagine: Google - Limes]
Repubblica presidenziale
Legislativo unicamerale
45 milioni di abitanti
603 mila km2
CRONOLOGIA E ANALISI DEGLI EVENTI (2013-2019)
1991 Indipendenza
2013 novembre: con centro in piazza Indipendenza, a Kiev, si diffondono proteste che acuiscono, o fanno emergere, le profonde divisioni sociali all’interno del Paese e sono all’origine della più grave crisi diplomatica tra Russia e Occidente dalla fine della Guerra Fredda. La crisi si innesca allorquando il presidente Viktor Janukovic sospende l'ASA (Accordo di associazione e stabilizzazione) con l'UE e si rivolge a Mosca per sostegno finanziario e accordo sul gas (che l’Ucraina deve importare). Per tre mesi le piazze si ingrossano. Presente anche il senatore repubblicano statunitense John McCain, ex candidato alla presidenza nel 2008 ed esperto di politica estera, che pronuncia un discorso nella manifestazione del 15 dicembre.
2014 gennaio: il parlamento ucraino approva una legge restrittiva della libertà di manifestazione; nuovi scontri, nuove violenze, 100 morti! Fallita una mediazione con le opposizioni, il governo si dimette, in febbraio Janukovic fugge prima nell’est russofono, poi in Russia. Era n carica dal 2010. Si insedia un governo “tecnico” di transizione non riconosciuto dalla Russia, filo-occidentale e foraggiato da UE e FMI perché faccia le “riforme strutturali”. È presieduto dal primo ministro Arsenij Jacenjuk. Tra i primi provvedimenti, il parlamento vota la scarcerazione dell’ex primo ministro Julia Tymosenko e indice nuove elezioni presidenziali per il 25 maggio dello stesso anno. In tutta risposta, la Russia avvia operazioni militari in Crimea, dove i filo-russi occupano il parlamento locale. Il 16 marzo si svolge un referendum che si pronuncia a schiacciante maggioranza (96,77%) per la secessione dall’Ucraina. La Russia si annette unilateralmente la Crimea.
Conseguenze dell’annessione della Crimea: forti tensioni tra Russia e Occidente. Ampia divergenza tra Washington, che non intende riconoscere l’esito del referendum, e Mosca, che accentua i toni e si erge a protettrice di tutte le minoranze russe e russofone dell’Ucraina. Frattanto il governo guidato da Jacenjuk continua a spingere sulla sua agenda di riforme liberali e filo-occidentali, mentre UE e Stati Uniti accrescono la pressione diplomatica sulla Russia varando un pacchetto di sanzioni destinate con il tempo ad inasprirsi. La Russia risponde con contro-sanzioni. In un clima di crescente tensione, ad aprile riprendono gli scontri nelle regioni del Donbass, dove i manifestanti filo-russi chiedono maggiore autonomia e un referendum sullo status del bacino del Donbass, analogo a quello della Crimea. La situazione degenera rapidamente in uno scenario da guerra civile e ogni ipotesi di distensione si rivela impossibile. Il 2 maggio avviene l’episodio forse più cruento. Un gruppo di manifestanti filo-russi, scacciati dalla piazza si rifugia nella Casa dei Sndacati. Una folla di nazionalisti ucraini, di estrema destra e filo-occidentali, armati di bastoni e bombe molotov vi fa irruzione e appicca un incendio, con la passiva compiacenza delle forze dell’ordine, Perdono la vita 48 civili.
Il 25 maggio si svolgono le elezioni presidenziali, che restituiscono un esito favorevole a Petro Porosenko, oligarca ucraino dell’industria cioccolatiera, uomo per tutte le stagioni (aveva ricoperto ruoli in tutti i governi precedenti nonostante le marcate differenze). Porosenko prosegue sulla via dell’integrazione europea ma riprende anche il dialogo con la Russia. Persegue una politica sulla sicurezza mirata all’integrazione territoriale, dando avvio a operazioni anti-terrorismo nelle regioni del Sud-est, affidate alle forze di sicurezza nazionali supportate da gruppi di volontari, tra cui i nazisti del famigerato battaglione Azov. (Anche altre formazioni paramilitari di destra sono coinvolte. Il nazionalismo ucraino ha al suo interno anche un’anima nera, che aveva svolto un ruolo, per altro, anche nelle manifestazioni della fine del 2013. Ne emerge, tra l'altro, un volto più composito del movimento di Piazza Indipendenza rispetto al solo europeismo). In realtà, nonostante l’obiettivo dichiarato fosse quello dell’ “integrazione territoriale”, la stessa scelta di gestire la situazione del Donbass sotto l’etichetta dell’anti-terrorismo rivela l’impianto repressivo del governo centrale nei confronti delle istanze avanzate dalla minoranza russa e russofona delle regioni sud-orientali. Le gravi tensioni di fatto vanificano il protocollo di Minsk per il cessate il fuoco sottoscritto dalle due parti nel mese di settembre.
2015 Viene firmato un nuovo protocollo, conosciuto come Minsk II, sottoscritto da Germania, Francia, Russia, Ucraina, per far rispettare il protocollo di settembre. Durante l’intero anno l’intensità del conflitto rallenta, tuttavia le due repubbliche autoproclamate di Donets’k e Luhans’k (alle quali ci riferisce complessivamente con il nome di Donbass) decidono di rimandare le imminenti elezioni locali alla fine del 2016, in ciò confortate dal minor coinvolgimento delle truppe russe sul territorio, in quanto da settembre del 2015 diventa prioritario per il Cremlino l’intervento in Siria (I due conflitti si inrecciano e come ho argomentato anche altrove costituiscono due teatri della stessa competizione globale tra i due imperialismi, quello russo e quelo statunitense).
5 maggio: Porosenko promulga un pacchetto di leggi per rimuovere entro sei mesi monumenti e simboli comunisti, comprese le intitolazioni di strade. Le leggi equiparano regime nazista e comunista, secondo il cliché liberale fatto proprio anche dal Parlamento europeo in una risoluzione del 2019 (“Importanza della memoria europea per il futuro dell'Europa”, 19 settembre 2019). L'equiprazione ovviamente si comprende meglio dalla prospettiva ucraina che da quella europea, tuttavia è sintomatico che le stesse leggi riconoscano il contributo di chiunque abbia combattuto nel XX secolo per l’indipendenza dell’Ucraina, compresa l’Organizzazione dei nazionalisti ucraini e l’Esercito insurrezionale ucraino dell'"eroe nazionale" Stepan Bandera, che durante la seconda guerra mondiale prese parte allo sterminio degli ebrei e massacrò decine di migliaia di polacchi. Si capisce dunque bene come in questo quadro si sia provveduto a legittimare all’interno del movimento nazionalista la componente di estrema destra e bisogna intendere per capire nelle sue evoluzioni la complessa situazione ucraina che la galassia dell’estrema destra para-militare ha reso disponibili forze al servizio della destabilizzazione del Paese, opportunità che il blocco occidentale non ha mancato di sfruttare. D'altra parte gli Stati Uniti sono tutt'altro che nuovi allo schema: utilizzare l'estrema destra locale per destabilizare una regione alla quale progettano di estendere la propria area di influenza.
2016 aprile: il primo ministro Jacenjuk rassegna le dimissioni dopo prolungate e insanabili incomprensioni con il presidente Porosenko. Il suo incarico viene assunto da Volodymir Grojsman, un uomo del presidente. Porosenko, comunque, deve fare i conti con un progressivo calo di consensi e una crescente opposizione politica, a causa delle difficoltà nel fare le riforme e della situazione senza uscita nel Donbass. Gli aiuti del FMI vengono sospesi. Wikipedia riporta che “Negli ultimi due anni del suo mandato, l'Istituto Gallup riferisce che l'Ucraina ha la più bassa fiducia nel suo governo al mondo” e “La sua fortuna è aumentata di 400 milioni di dollari tra il 2012 e il 2020, mentre il paese sprofondava nella crisi economica.” citando fonti giornalistiche francesi (humanite.fr)
2019 Termina il mandato di Porosenko. Il 21 aprle le elezioni presidenziali sono vinte da Volodymyr Zelenski con il 73,22% dei voti. Zelenski scioglie il parlamento unicamerale, nel quale non vi era una maggioranza collegata al presidente. Il 21 luglio si svolgono elezioni anticipate che fanno registrare il 44% delle preferenze per il partito del presidente.
FONTI UTILIZZATE:
Treccani, Atlante di geopolitica 2107
MIEI ARTICOLI SULLO STESSO ARGOMENTO:
http://www.linterferenza.info/in-evidenza/strabismo-geopolitico/
Comments