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La strategia della tensione e la strage di Bologna

 
Se non la verità dibattimentale e giudiziaria, almeno quella storica ha mostrato con chiarezza che la strage di Bologna si inscrive nel quadro più largo della strategia della tensione. Questa fortunata espressione giornalistica indica la preordinata volontà di mettere in atto una serie di attentati funzionali a diffondere nella popolazione un clima di tensione e di paura, allo scopo di giustificare svolte di tipo conservatore-autoritario ed evitare lo spostamento a sinistra dell’asse della politica italiana. Intesa come periodo storico, la strategia della tensione ha inizio nel dicembre 1969, con la strage di piazza Fontana, quando una bomba fatta esplodere nella sede della Banca dell’Agricoltura causò 17 morti e decine di feriti, me le sue premesse possono essere cercate ancora più indietro. Per una lettura non limitata al contingente, e che vada oltre gli elementi di superficie, occorre in primo luogo tener presente che gli anni Sessanta si erano segnalati per l'innovativa azione politica espressa dalla formula del centro-sinistra (l'unico centro-sinistra a meritare tale definizione, ndr), grazie all'estensione dell'area di governo ai socialisti, capace di esprimere, soprattutto nella prima metà del decennio, un significativo tasso di riformismo sociale. Sono gli anni in cui furono realizzate la scuola media unificata e la nazionalizzazione dell'industria elettrica. Dopo il '68 e l'"autunno caldo", nel corso degli anni Settanta le forze moderate e reazionarie passarono decisamente al contrattacco.

La strategia della tensione ha insanguinato l’Italia nel corso degli anni Settanta. Il 28 maggio 1974, in piazza della Loggia, a Brescia, una bomba venne fatta esplodere in un cestino dei rifiuti, causando la morte di 8 persone e il ferimento di altre 100. Nella notte tra il 3 e il 4 agosto 1974, una bomba esplose sul treno Italicus, lungo la tratta Bologna-Firenze, uccidendo 12 persone. l Il 23 dicembre 1984 una bomba esplose su una carrozza del Rapido 904, ancora presso la Grande galleria dell'Appennino a San Benedetto Val di Sambro: 17 persone persero la vita e oltre duecentosessanta rimasero ferite.

La manovalanza della strage di Bologna fu fornita dall’estrema destra neofascista, ma i mandanti vanno ricercati in pezzi deviati dei servizi segreti e dello Stato. Occorre, comunque, precisare che queste forze eversive hanno potuto contare su imprescindibili complicità e coperture, sia interne e governative che internazionali.

Il 2 agosto 1980, nella sala d'aspetto di seconda classe della stazione di Bologna, alle ore 10:25, un ordigno a tempo, contenuto in una valigia abbandonata, esplose causando il crollo dell'ala Ovest dell'edificio. L'esplosione, violentissima, causò la morte di 85 persone e il ferimento o la mutilazione di oltre 200.

 

 

 

 

In quella sala d’aspetto di seconda classe, vite normalissime furono spezzate; vite e persone che in quella stazione erano di passaggio per altre destinazioni. Tra queste, la piccola Sonia Burri aveva appena sette anni. Dopo lo scoppio della bomba venne ritrovata una bambolina rossa. Sonia la teneva in braccio mentre aspettava, con i suoi genitori, il treno che avrebbe dovuto portarli a Roma. Perse la vita nella strage anche Patrizia, sua sorella per parte di madre. Sonia era nata a Bari il 7 luglio 1973.

Secondo il racconto di Francesco Dellisanti, “Sonia aveva 7 anni, era partita da Bari con i genitori e il due agosto era in stazione con loro e con i nonni materni, la sorella Patrizia Messineo, zia Silvana - la sorella della mamma - e le cugine. Lo scoppio la sorprese in sala d’aspetto: i soccorritori la trovarono viva ma in gravissime condizioni vicino alla sua bambola rossa. Morì in ospedale due giorni dopo. La bomba la uccise assieme alla sorella e alla zia.” [1]

Anche Kai Mader era solo un bambino e anche la sua vita fu improvvisamente stroncata per sempre da un atto criminale di inaudita gravità. Secondo il racconto di Anna Maria Guglielmo, “Kai aveva 8 anni, viveva ad Haselhorf in Westfalia ed era venuto in Italia con i suoi genitori e i due fratelli per trascorrere una vacanza al Lido di Pomposa, in provincia di Ferrara. Il 2 agosto era in stazione con tutta la famiglia perché aspettavano il treno per tornare a casa, in Germania. Alle dieci e venticinque Kai e i due fratelli erano in sala d’aspetto con la mamma, mentre il padre avendo l’intenzione di occupare le due ore di attesa per vedere Bologna, stava per uscire dalla stazione. Lo scoppio uccise Kai, il fratello Eckhardt e la mamma Margret.” [2]

A rendere ancora più crudo e paradossale il suo destino, Horst Mader, che a Bologna perse due figli e la moglie, era un operaio tedesco alla sua prima vacanza dopo diciassette anni di matrimonio, perché il salario e la famiglia numerosa non consentivano follie.

Vite normali, quelle fermate a Bologna. Recise da chi era convinto che i sistemi complessi debbano essere governati con l’inganno, con la violenza e con il terrore. Come ha scritto Chiara Zampieri in una recente ed efficace sintesi “Il massacro del 2 agosto 1980 si colloca in una fase, nazionale e internazionale, di significativi mutamenti a livello politico, economico, culturale, sociale. A cavallo dei decenni Settanta e Ottanta si verificò infatti quella che Silvio Pons ha definito come una «soluzione di continuità» nella politica italiana che coincise, sul piano internazionale, con la rivoluzione in Iran, la crisi degli euromissili in Europa, l’invasione sovietica in Afghanistan, l’avvento di Margaret Thatcher e di Ronald Reagan, la crisi sociale e politica in Polonia, l’emergere della leadership di Deng Xiaoping e l’avvio della modernizzazione nella Cina postmaoista.” [3]

Sul piano interno, gli anni Ottanta segnarono il ritorno del Pci all’opposizione (era entrato nella compagine di governo il 16 marzo 1978, proprio il giorno del sequestro di Aldo Moro), il declino del conflitto sociale, la stabilizzazione del sistema politico basata sull’arretramento della sinistra su posizioni per lo più difensive.

La strage di Bologna suscitò da parte della stampa e nell’opinione pubblica una viva indignazione. Tuttavia, il decennio che si era aperto sarebbe stato sospinto dalla fiducia nel mercato e dal modello politico-ecomomico che la incarnava al massimo grado, basato sulla rimozione del conflitto sociale e sull’esaltazione dell’individualismo. Erano i frutti maturi della strategia della tensione.

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NOTE

[1] Sito assemblea.emr.it /2 agosto 1980 – il portale: Sonia Burri raccontata da Francesco Dellisanti

[2] Sito assemblea.emr.it /2 agosto 1980 – il portale: Kai Mader raccontato da Anna Maria Guglielmo.

[3] Chiara Zampieri, Il terrorismo neofascista e la strage di Bologna fra storia, giustizia e memoria, su Giustiziainsieme (www.giustiziainsieme.it), 11 giugno 2021,

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