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La trincea: luogo simbolico e materiale della Grande Guerra

 

Nel 1914 l'opinione pubblica europea era convinta di vivere un periodo di pace e di progresso, quello che dopo la Grande Guerra, guardandosi indietro, fu ribattezzato nostalgicamente la Belle époque. Allo scoppio delle ostilità , sia le cancellerie europee che l'opinione pubblica pensavano a un conflitto locale, una questione tutta interna all'impero asburgico, o semmai una terza guerra balcanica. La Grande Guerra si trasformò in una gigantesca, inedita mattanza (circa 10 milioni di caduti, altrettanti di feriti, 5 milioni tra dispersi e prigionieri di guerra) perché i belligeranti pretesero di combatterla con una strategia per certi versi ottocentesca ma l'elevato tasso tecnologico (le mitragliatrici, i cannoni a lunga gittata, il gas nervino ecc.) la rendeva del tutto diversa da ogni altra guerra combattuta prima. I progressi e l'intero apparato della seconda rivoluzione industriale vennero messi al servizio dell'industria bellica. Ne risultò una situazione di stallo: l'attacco non poté aver ragione della difesa. Le illusioni di una rapida soluzione del conflitto lasciarono ben presto il passo alla guerra di logoramento e di posizione, che trovò nella trincea il suo luogo ad un tempo simbolico e materiale. Nelle trincee si cristallizzarono impietosamente i sogni di gloria dei generali.

Orizzonti di gloria

Orizzonti di gloria (Paths of Glory) è un film del 1957 diretto da Stanley Kubrick e tratto dal romanzo omonimo di Humphrey Cobb. Ambientata nelle retroguardie francesi ma girata in Germania, la pellicola trae ispirazione da alcuni episodi  realmente accaduti all'interno dell'esercito

francese durante la Grande Guerra. Radicalmente antimilitarista, il capolavoro di Kubrick rapprentanta una denuncia delle ambizioni dei generali, che coltivano piani strategici destinati ad andare in urto con la realtà.  Emblematica, da questo punto di vista, la figura del generale Mireau, che per per sete di carriera si lascia convincere dal suo superiore, il generale Broulard, dell'opportunità di sferrare un  attacco al famigerato "formicaio", strategica e imprendibile postazione in mano ai tedeschi. La catena di comando fa ricadere sul colonnello Dax (Kirk Douglas) il comando delle operazioni di attacco. Nella sapiente rappresentazione delle idee che si contrappongono, il colonnello Dax incarna il volto umano e vive un profondo conflitto. Come militare è tenuto all'obbedienza nei confronti del suo superiore, ma esprime forti riserve sull'operazione e solleva il problema delle perdite tra i suoi uomini, che si preannuncia elevato. Il generale Mirau risponde con la freddezza del contabile, enumerano cinicamente le probabili pèrdite, ritenute giustifcate dal successo dell'operazione. Il dialogo tra i due è significativo e mette a nudo le contraddizioni di fondo, dando rappresentazione alla pretestuosità ideologica del nazionalismo. Al generale Mireau che lo esorta a sferrare l’attacco e se necessario sacrificare oltre la metà dei suoi uomini per la Francia, il colonnello Dax risponde dapprima “non sono un toro, non ho bisogno di uno straccio davanti al muso per caricare”, quindi cita Samuel Johnson: “il patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie”.

La vita nella trincea

Lo stile iper realistico di Kubrick rende particolarmente attendibile la rappresentazione della vita di trincea e la sequenza dell’attacco. La cinepresa si sofferma sull’avanzata senza speranze del reparto e indugia più volte sulla morte. Al minuto 4:05 Kubrick fa piovere una granata su un soldato che ha già perso la vita. L'effetto di rendere la morte di massa e la sua vacuità ne risulta potentemente amplificato..

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