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Il piano Marshall

Nel giugno 1947 gli Stati Uniti, sotto la presidenza di Harry Truman, lanciarono un vasto programma di aiuti economici all’Europa, che prese il nome di European Recovery Program (Erp), più comunemente noto come piano Marshall, dal nome del segretario di Stato americano George Catlett Marshall che ne fu l'ideatore e ne assunse l'iniziativa. Lo scenario era ormai quello della Guerra fredda. Truman divenne presidente degli Stati Uniti nell'aprile 1945 alla morte di Franklin Delano Rooselvelt (che aveva, caso unico nella storia statunitense, iniziato il suo quarto mandato), mentre in Unione Sovietica Stalin era saldamente al potere e vi rimarrà fino al marzo 1953, quando sopraggiunse la sua morte. In questo contesto, gli Stati Uniti si trovavano in una posizione di vantaggio rispetto agli alleati europei. Il continente europeo, infatti, era in ginocchio dopo il secondo conflitto mondiale, che si era combattuto sul suo territorio con gravissime e rovinose coneguenze, diversamente dagli Stati Uniti, che erano stati impegnati in più scenari di guerra (in Europa e nel Pacifico), ma non avevano subito la guerra in casa propria. Inoltre l'industria bellica aveva rappresentato per gli States la definitiva uscita dalla crisi del '29. Si capisce quindi perché essi furono in grado di varare un massiccio piano di aiuti per la ripresa dell'Europa.
Si ricorderà inoltre, per intendere il piano Marshall all'interno della sua cornice storica, come la Seconda guerra mondiale fosse stata vinta grazie a una "strana alleanza", quella tra le democrazie liberali, con gli Stati Uniti in testa, e il comunismo sovietico, uniti contro il nazi-fascismo. Questa alleanza fu decisiva, ma all'indomani della fine del conflitto, venuto meno il collante del nemico comune, andò rapidamente sfaldandosi. Non solo, ma gli ex alleati divennero rapidamente i capifila di due sistemi politici, sociali, economici e culturali radicalmente inconciliabili. Ciascuno dei due vedeva nell'altro il Male assoluto. Per gli Stati Uniti, il sistema totalitario sovietico prese il posto del nazismo nel ruolo di nemico della libertà da combattere con ogni mezzo; per l'Unione sovietica, invece, l'oppressore era il sistema capitalistico occidentale che si nascondeva dietro le insegne della democrazia. Durante una conferenza negli Stati Uniti, per descrivere ai suoi uditori il clima che si respirava nel Vecchio continente Winston Churchill disse, usando una efficace espressione destinata a grande fortuna, che era come se fosse calata all'improvviso una "cortina di ferro", tanto invisibile quanto perentoria nel separare le due aree di influenza. 















I due blocchi durante la Guerra fredda. Fonte: google / www.fondazionecdf.it


Gli aiuti del piano Marshall erano aperti a tutti gli Stati che avessero voluto avvalersene, quindi anche a quelli del blocco orientale. I sovietici erano convinti, non a torto dal loro punto di vista, che l’aiuto economico fosse uno  strumento per erodere la loro influenza e assoggettare  l’Europa agli Stati Uniti. Respinsero dunque il piano e imposero ai  loro «satelliti» di fare altrettanto, mentre i partiti comunisti occidentali promossero agitazioni contro gli aiuti americani.
Certamente il piano Marshall non fu disinteressato: rappresentò anche uno strumento per gli Stati Uniti per estendere la loro sfera di influenza.
Inoltre un'Europa in salute rappresentava un rilevante mercato per la produzione industriale statunitense. Non sorprende, pertanto, che intorno al piano Marshall si scatenasse un violento confronto ideologico, come documentato dalle immagini propagandistiche di opposta provenienza


 











Anche l'Italia, sempre più saldamente inserita nel sistema atlantico di alleanze, beneficiò del piano Marshall. Dapprima, nel corso del 1947, comunisti e socialisti furono estromessi dai governi di coalizione. Il governo a guida De Gasperi (Democrazia cristiana) rafforzò l'amicizia con gli Stati Uniti. Nell'aprile del 1949 la collocazione atlantista dell'Italia sarà sugellata dall'ingresso nella Nato. 
Nella primavera del 1948 si svolsero in Italia le prime elezioni politiche dopo il ventennio fascista e la Seconda guerra mondiale. Se furono comprensibilmente caratterizzate da una straordinaria partecipazione politica (si recò alle urne oltre il 92% degli aventi diritto), d'altra parte su di esse si proiettò l'ombra della Guerra fredda. La Democrazia Cristiana e il Partito Comunista erano infatti i due terminali politici italiani rispettivamente degli Stati Uniti e dell'Unione Sovietica. Il leader democristiano  Alcide De Gasperi venne rappresentato come un burattino nelle mani del presidente americano Harry Truman dalla propaganda elettorale del Fronte Popolare, la coalizione elettorale di comunisti e socialisti che cercò senza fortuna di sbarrare il passo alla Democrazia cristiana. Questa, con alcuni alleati minori, risultò largamente vincitrice e rimarrà al centro del sistema poltiico per un quarantennio. La campagna elettorale assunse da ambo le parti toni ideologici veementi.















"Tra il 1948 e il 1952, il piano Marshall riversò sulle economie europee ben 13 miliardi di dollari fra prestiti a fondo perduto, macchinari e derrate agricole". (Sabatucci-Vidotto).  Questa potente iniezione economica permise la ricostruzione e consentì anche un forte rilancio delle economie dell’Europa occidentale, "che già nel 1951 superarono in media del 30% i livelli produttivi dell’anteguerra". (ivi) Guidata dagli Stati Uniti, la ripresa si sviluppò dentro un quadro di economia liberista , sebbene con diverse gradazioni di interventismo statale. Nessuno, infatti, poteva pensare, dopo la crisi del '29, di riproporre ricette ispirate ai dogmi del liberismo puro. La ripresa comportò, per i paesi interessati, un consolidamento delle tendenze moderate in politica, un’attenuazione dei conflitti sociali grazie all’aprirsi di nuove prospettive di benessere (sono questi, per i paesi del blocco occidentali, gli anni in cui nasce e si afferma la cosiddetta "società del benessere"); e, infine, il rafforzamento del legame con gli Stati Uniti. 
Stalin rispose alle iniziative occidentali nel  settembre 1947 istituendo un Ufficio di informazione dei partiti comunisti (Cominform), una sorta di riedizione della Terza Internazionale sciolta nel 1943. Le posizioni delle due superpotenze erano ormai improntate alla più intrasingente reciproca chiusura. Il giornalista americano Walter Lippmann coniò l'efficace definizione di Guerra fredda per rappresentare la nuova atmosfera che avvolgeva il mondo: non una guerra guerreggiata, ma irriducibile ostilità tra due blocchi contrapposti di Stati. Questa rigida contrapposizione produsse ovunque conseguenze importanti. Abbiamo detto dell'Italia, ma anche in Grecia gli effetti si fecero sentire: la resistenza comunista fu combattuta sempre più duramente e infine sconfitta nel 1949; e in Francia, come in Italia, i partiti comunisti furono estromessi dai governi di coalizione nel 1947. Nei Paesi del blocco sovietico le residue parvenze di sovranità nazionale furono rapidamente spente.
Il piano Marshall ebbe conseguenze di lungo periodo rilevanti. In primo luogo costituì, in Paesi piegati dalla guerra, un efficacissimo strumento di costruzione del consenso in favore del blocco occidentale. Esso contribuì inoltre in modo significativo a creare uno stretto legame culturale tra l'Europa occidentale e gli Stati Uniti. Infine, ebbe un effetto di stimolo per l'avvio del progetto europeo, che non a caso individuò nell'integrazione economica il suo perno. Una partita particolarmente rilevante e strategica si giocò in Italia, che aveva il partito comunista più forte dell’Europa occidentale.
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