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La rivoluzione d'Ottobre



La rivoluzione del 1905


La rivoluzione, riuscita, del 1917 ha un antefatto in quella mancata del 1905. è un anno molto complicato per la Russia, con la guerra russo-giapponese e il primo importante scossone al regime zarista. Bisogna andare al 1905 per capire il 1917. Il regista Ejsenstein tra propaganda e denuncia ha mostrato la dura repressione zarista di quell’anno (il film La corazzata Potemkin è del 1925, dunque in piena dittatura bolscevica).

La rivoluzione del 1905 segue alla sconfitta contro il Giappone. L’esercito reprime nel sangue una manifestazione pacifica di operai che si sono recati innanzi al Palazzo d’Inverno per presentare una supplica allo zar Nicola II. La rivoluzione si estende presto al mondo rurale e operaio. Fanno la loro comparsa i soviet.

 

Ma qual è la situazione della Russia ad inizio XX secolo? Il regime zarista è autocratico e reazionario sul piano politico-istituzionale e arretrato sul piano socio-economico, ma importanti trasformazioni sono in atto.

Nel 1861 i contadini vengono affrancati dalla servitù della gleba ma di fatto le loro condizioni non risultano migliorate. Emergono i kulaki, una classe sociale tipicamente russa di contadini agiati, mentre i grandi proprietari terrieri mantengono i loro privilegi.

Veniamo ora alla condizione degli degli operai. L’inizio di un processo di industrializzazione in Russia data a partire dal 1890, grazie all’iniezione di capitali francesi ed è guidata dall’alto. Le industrie si concentrano solo in alcune zone: a Mosca, a Pietroburgo, a Odessa, nel bacino del Donez. Manca quindi una borghesia imprenditoriale. Malgrado le contraddizioni e la sofferenza sociale, sul finire dell’Ottocento aumenta la rete infrastrutturale e viene avviata l’industria pesante, nella quale le condizioni sono le peggiori d’Europa.

 

Sul piano politico-istituzionale, lo zar si ritiene legittimato direttamente da Dio, non esistono garanzie costituzionali né rappresentanza elettiva, non esiste Parlamento, lo sciopero è considerato un delitto al pari di ogni tipo di associazione politica o sindacale. Nonostante questo, si vanno organizzando partiti politici di opposizione, in forma necessariamente clandestina:

 

  • Partito costituzionale – democratico (cadetti)

  • Partito social-rivoluzionario (erede del populismo; obiettivo della redistribuzione della terra)

  • Partito operaio socialdemocratico, diviso dal 1903 (congresso di Bruxelles) in menscevichi e bolscevichi.

 

Inoltre il regime si segnala per l’acceso nazionalismo slavo e per la sua azione contro tutte le minoranze, particolarmente efferata contro gli ebrei, contro i quali si scatenano periodici pogrom, che rimanevano sistematicamente impunti, quando non erano incoraggiati.

 

Differenze tra menscevichi e bolscevichi: le differenze tra le due componenti del Partito operaio socialdemocratico si evidenziano già rispetto agli avvenimenti del 1905. I bolscevichi riunitisi in congresso in esilio a Londra, sostengono che gli operai devono porsi come obiettivo l’insurrezione armata ed instaurare la dittatura del proletariato con i contadini (saltando quindi le fasi intermedie previste dalla dialettica marxiana della Storia). I menscevichi, invece, credono che i tempi non siano ancora maturi e che per il momento sia meglio lasciar fare alla borghesia liberale, rappresentata dai cadetti. La grande novità, però, è la nascita del primo soviet, quello di Pietroburgo, seguito da molti altri nel Paese; nati per coordinare gli scioperi ma in realtà embrioni di un potere rivoluzionario. Lenin vi vede la conferma delle sue tesi. Toccava però ai bolscevichi dirigere il processo rivoluzionario (teorie leniniana del partito di rivoluzionari di professione e avanguardia della classe operaia).

La rivoluzione del 1905 manca di una direzione generale, rimane frammentaria e dispersa, facilitando la repressione. Non è questa però la sola ragione dell’insuccesso: i liberali (cadetti) auspicavano la monarchia costituzionale, perciò escono dalla lotta quando lo zar indice elezioni politiche per una Camera, la Duma, con funzioni legislative. Lo zar manteneva del resto facoltà di veto sulle decisioni e in definitiva cerca di imbrigliare la Duma. Le concessioni sono nel complesso inadeguate rispetto alle grandi trasformazioni in atto e timide sono percepite anche le riforme del pur coraggioso conservatore Stolypin, mirate al rafforzamento dei kulaki. Si accelera quindi trasformazione in senso capitalistico delle campagne. Stolypin viene assassinato nel 1911 da un socialista rivoluzionario.


12 anni dopo
 

Ora teniamo fermi tutti gli elementi: i soviet, l’articolazione dello spettro politico, la Duma, il Palazzo d’Inverno, lo zar Nicola II e spostiamo la scena al 1917.

Cosa cambia dal 1905 al 1917?

La Grande Guerra.

La guerra imprime un moto irreversibile alla crisi dello zarismo. La Russia è in ginocchio: milioni di morti, fame, freddo, scioperi nelle città. L’opinione pubblica è sempre più contro lo zar. La rivolta scoppia dapprima nella capitale Pietroburgo, ora ribattezzata Pietrogrado. Siamo nel marzo 1917. Si susseguono scioperi e manifestazioni contro la guerra. Come nel 1905 rinascono i soviet, ma stavolta la guarnigione militare della capitale si unisce ai manifestanti, mentre le unità richiamate dal fronte per riportare l’ordine non riescono ad affluire a causa dello sciopero dei ferrovieri. Lo zar abdica, il 14 marzo 1917.

Nasce un governo provvisorio di coalizione (cadetti con altri partiti borghesi) la cui guida è affidata al principe L’vov sostenuto dalla Duma. Si apre un periodo di instabile dualismo di poteri tra la Duma e i soviet, che al momento non controllano affatto le istituzioni. I partiti al governo vogliono continuare la guerra e auspicano una transizione verso una monarchia costituzionale. I soviet invece vogliono: la pace subito, condizioni di lavoro più umane, la redistribuzione della terra ai contadini. Si dotano di una milizia armata, la Guardia rossa. Nei soviet solo i bolscevichi hanno una solida struttura organizzativa interna. Di fronte agli eventi, però, anche i bolscevichi sono divisi, per esempio Stalin e Kamenev non hanno piena fiducia nella classe operaia. Le cose cambiano quando rientra dall’esilio Lenin, scortato con grande attenzione dai tedeschi. Lenin è carismatico e imprime una decisa svolta, le sue tesi di aprile dettano la linea: 1) tutto il potere ai soviet; 2) la terra ai contadini; 3) la guerra sia trasformata in rivoluzione mondiale.


Dalle tesi di aprile alla presa del Palazzo d’Inverno
 

Nell’estate si acuiscono i contrasti tra i partiti, la destra cerca un uomo forte capace di riportare l’ordine, mettere fine ai soviet e concludere una pace onorevole con la Germania. Ritiene di trovarlo nel menscevico A. Kerenskij, cui viene affidata la guida di un nuovo governo di coalizione. Ma la rivoluzione sta ormai dilagando nelle campagne, i bolscevichi sono sempre più forti nei soviet e Kerenskij viene travolto definitivamente dalla seconda rivoluzione del 1917 (la prima è quella democratica che porta alla caduta del regime zarista).

Lenin e Trotzskij decidono che è giunto il momento per i bolscevichi ormai maggioritari nei soviet di Mosca e Pietrogrado di prendere il potere e stavolta Stalin è d’accordo con loro. Tra il 6 e il 7 novembre (per il calendario russo è ottobre) il commando militare dei soviet di Pietrogrado occupa le poste, le stazioni ferroviarie, le centrali elettriche, i depositi idrici. L’incrociatore «Aurora» spara alcune cannonate contro il Palazzo d’Inverno e i pochi militari a difesa si arrendono immediatamente alle Guardie rosse.


Dopo la presa del potere


Si forma un governo a guida Lenin guardato con ostilità dal mondo intero, compresi i partiti socialisti occidentali. I provvedimenti immediati del governo rivoluzionario bolscevico sono: avvio delle trattative di pace e nazionalizzazione senza indennizzo della grande proprietà terriera.

Le masse contadine sono ancora scarsamente controllate dai bolscevichi. Infatti le elezioni per l’Assemblea costituente danno la maggioranza assoluta ai social-rivoluzionari che, si ricorderà, rappresentavano il mondo contadino. È uno snodo importante, perché i bolscevichi non accettano la volontà della maggioranza, non vogliono perdere il potere. Lenin opera una stretta, crea la CEKA, polizia segreta, assicurando la repressione e il consolidamento della dittatura del proletariato.

Lenin prende atto della sconfitta militare. Nel marzo 1918 la Russia firma la pace di Brest-Litovsk dovendo accettare condizioni pesantissime. L’uscita della Russia dal conflitto favorisce la Germania che forse avrebbe vinto la guerra se non fossero intervenuti gli Stati Uniti. I Paesi occidentali si sentono traditi e appoggiano la controrivoluzione. La capitale viene spostata da Pietrogrado a Mosca. L’esercito viene organizzato e diviene l’Armata rossa. Le risorse del Paese vengono interamente nazionalizzate. Nella primavera del 1918 il partito bolscevico prende il nome di «comunista». La rivoluzione aveva smentito le previsioni di Marx, concretizzandosi in un Paese con una immensa popolazione contadina e una classe operaia relativamente poco numerosa. I bolscevichi sono in difficoltà nel guidare la modernizzazione.

«Rossi» contro «bianchi» - la guerra civile inizia già nel dicembre del 1917. L’Armata rossa viene affidata a Trozskij. La guerra è vinta tra il ’20 e il ’21 ma ad un prezzo elevatissimo, forse 7 milioni di morti. L’economia viene sottoposta a un controllo centralizzato totale: è il cosiddetto «comunismo di guerra».

Nella primavera del 1919, la Terza internazionale (per ricordare e confrontare: le prime due internazionali) significativamente tiene il suo congresso fondativo a Mosca. Tra i requisiti di ammissione c’è di fatto l’accettazione integrale della piattaforma ideologica del bolscevismo. L’Internazionale comunista (in sigla: Comintern) introduce importanti novità rispetto a Marx. Il soggetto rivoluzionario non è più solo la classe operaia ma il popolo oppresso.

Nel 1921 viene abbandonato il comunismo di guerra cui subentra un regime di moderate liberalizzazioni economiche con la NEP (nuova politica economica). Ora i contadini possono vendere le eccedenze.

Da Lenin a Stalin

Nel gennaio del 1924 muore Lenin e si apre la lotta per il potere nel partito. Si fronteggiano due uomini e due visioni: Trozskij, il capo dell’Armata rossa, l’eroe della guerra civile; e Stalin che aveva scalato abilmente i vertici del partito. Il primo era fautore della rivoluzione mondiale, il secondo riteneva pragmaticamente che il momento non fosse favorevole all’estensione della rivoluzione al di fuori della Russia e propugnava il «socialismo in un solo Paese», dunque il consolidamento della dittatura del proletariato, e del partito.

Ha la meglio Stalin, che si impone senza scrupoli. Il 1927 è l’anno della resa dei conti. Sono frattanto passati dalla parte di Trozskij anche due importanti dirigenti del partito, Zino’ev e Kamenev. Trozskij denuncia la «degenerazione burocratica» del partito. Viene sconfitto, allontanato, quindi esiliato, infine ucciso, nel 1940, quando in Messico viene raggiunto da un sicario staliniano.

Stalin ottiene l’industrializzazione forzata dell’URSS (Unione delle repubbliche socialiste sovietiche, nome ufficiale dal 1922) e costi umani gravissimi. Sono soprattutto i kulaki a farne le spese. Stalin mette in atto la collettivizzazione forzata delle terre e chi non accetta viene deportato. Uguale durezza usa all’interno del partito per sbarazzarsi di ogni opposizione. È la dittatura, il volto degenerato dell’idea comunista e del comunismo sovietico. Stalin resterà saldamente al potere fino alla sua morte, sopraggiunta nel marzo del 1953.

fonte dell'immagine sottostante, comunque universalmente riprodottta: www.marx21.it

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