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Il "Secolo breve" 

 

Eric J. Hobsbawm (1917-2012) è considerato uno dei massimi storici del Novecento.A lui si deve il termine "secolo breve" che racchiude la sua ormai celebre tesi storiografica sul Novecento. Hobsbawm contrappone un Novecento "breve, compreso tra i due estremi cronologi del 1914 e del 1991, a un lungo Ottocento. In altri termini, la Grande guerra ha rappresentato una rottura radicale, come anche l'avvio della grande utopia socialista, che si spegne con il collasso dell'Unione sovietica. Come si vede, il problema affrontato da Hobsbawm è quello della periodizzazione, che inerisce in modo essenziale al mestiere dello storico.

 

IL SECOLO BREVE: INTRODUZIONE

 

La distruzione del passato, o meglio la distruzione dei meccanismi sociali che connettono l'esperienza dei contemporanei a quella delle generazioni precedenti, è uno dei fenomeni più tipici degli ultimi anni del Novecento. La maggior parte dei giovani, alla fine del secolo è cresciuta in una sorta di presente permanente, nel quale manca ogni rapporto organico con il passato storico del tempo in cui essi vivono. Questo fenomeno fa sì che l'attività degli storici, il cui compito è di ricordare ciò che gli altri dimenticano, siano ancor più essenziali alla fine del secondo millennio di quanto mai lo siano state nei secoli scorsi. Ma proprio per questo motivo gli storici devono essere più che semplici cronisti, sebbene anche questa sia la loro necessaria funzione.

Comunque l'intento di questo libro non è di narrare la storia del periodo che è oggetto della nostra trattazione, cioè del Secolo breve che va dal 1914 al 1991, benché io sia ben consapevole che non si può dare per scontata la conoscenza dei fatti anche più elementari della storia del nostro secolo. Il mio obiettivo è di comprendere e di spiegare perché le cose siano andate in un certo modo e come i fatti si colleghino tra loro. Per tutti i miei coetanei, che sono vissuti lungo tutto il Secolo breve o per gran parte di esso, questo compito è anche, inevitabilmente, uno sforzo autobiografico. Parliamo dei nostri ricordi, ampliandoli e correggendoli, e ne parliamo come uomini e donne di un tempo e di uno spazio particolari, coinvolti, in varie guise, nella storia; ne parliamo come attori di un dramma per quanto insignificanti siano state le nostre parti , come osservatori del nostro tempo e, non da ultimo, come persone le cui opinioni sul secolo sono state formate da ciò che noi siamo giunti a considerare come i suoi eventi cruciali. Noi siamo parte di questo secolo ed esso è parte di noi. I lettori che appartengono a un'altra epoca, per esempio lo studente che accede all'università nel momento in cui questo libro viene scritto, per il quale perfino la guerra del Vietnam rientra nella preistoria, non dovrebbero dimenticarlo.

Per gli storici della mia generazione e della mia educazione il passato è indistruttibile perché gli avvenimenti storici sono parte della trama delle nostre vite. Essi non sono semplicemente segni che ci consentono di ricordare meglio la nostra esistenza privata, ma sono ciò che ha plasmato le nostre vite, pubbliche e private.

In tante aree del pianeta, chiunque abbia una certa età, a prescindere dalle proprie vicende personali, ha attraversato le stesse fondamentali esperienze. In qualche misura esse ci hanno segnati tutti allo stesso modo. Il mondo che è andato in frantumi alla fine degli anni '80 era il mondo formatosi a seguito dell'impatto della rivoluzione russa del 1917. Noi ne siamo stati tutti segnati, per esempio in quanto ci siamo abituati a pensare alla moderna economia industriale in termini di un'opposizione binaria tra il «socialismo» e il «capitalismo» come alternative mutuamente escludentisi, l'una identificata con le economie organizzate secondo il modello sovietico, l'altra con le economie del resto del mondo. Dovrebbe ora essere divenuto chiaro che quello schema era arbitrario, in certa misura artificioso e che lo si può comprendere solo entro un particolare contesto storico.

I confronti religiosi o ideologici, quali sono quelli che hanno riempito il nostro secolo, erigono delle barricate sulla via dello storico, il cui compito principale non è di giudicare, ma di comprendere perfino ciò che possiamo capire di meno. Tuttavia ciò che si frappone sulla via del comprendere non sono solo le nostre convinzioni appassionate, ma l'esperienza storica che le ha formate. È più facile sbarazzarsi delle prime che della seconda, perché non c'è alcuna verità nel consueto ma erroneo motto francese Tout comprendre c'est tout pardonner («Capire tutto è perdonare tutto»). Comprendere l'epoca nazista nella storia della Germania e collocarla, nel suo contesto storico non significa perdonare il genocidio. In ogni caso, chiunque sia vissuto durante questo secolo straordinario difficilmente potrà astenersi da un giudizio. È la comprensione, in se stessa, che risulta difficile.

 

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Come possiamo attribuire un significato al Secolo breve, cioè agli anni che vanno dall'esplosione della prima guerra mondiale fino al collasso dell'URSS, i quali formano un periodo storico coerente che è giunto al termine? Noi non sappiamo che cosa verrà dopo e come sarà il terzo millennio, sebbene possiamo essere sicuri che il Secolo breve lo avrà formato. Tuttavia, non si può dubitare seriamente del fatto che negli ultimi anni '80 e nei primi anni '90 è finita un'epoca nella storia del mondo e che ne è iniziata una nuova.

In questo libro la struttura del Secolo breve appare come quella di un trittico o di un sandwich storico. A un'Età della catastrofe, che va dal 1914 sino ai postumi della seconda guerra mondiale, hanno fatto seguito una trentina d'anni di straordinaria crescita economica e di trasformazione sociale, che probabilmente hanno modificato la società umana più profondamente di qualunque altro periodo di analoga brevità. Guardando indietro, quegli anni possono essere considerati come una specie di Età dell'oro, e così furono visti non appena giunsero al termine all'inizio degli anni '70. L'ultima parte del secolo è stata una nuova epoca di decomposizione, di incertezza e di crisi e addirittura, per larghe parti del mondo come l'Africa, l'ex URSS e le ex nazioni socialiste dell'Europa orientale, un'Età di catastrofe. All'inizio degli anni '90 coloro che hanno riflettuto sul passato e sul futuro del secolo sono stati pervasi da un senso crescente di cupezza, tipico della fin de siècle. Dal favorevole punto di osservazione degli anni '90 sembra che il Secolo breve sia passato attraverso una breve Età dell'oro, nel suo cammino da un'epoca di crisi a un'altra epoca di crisi, verso un futuro sconosciuto e problematico, ma non necessariamente apocalittico. La sola generalizzazione del tutto certa riguardo alla storia è che, fin quando c'è una razza umana, la storia continuerà.

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