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Ian Kershaw: Hitler e l'enigma del consenso (breve recensione)

Accostarsi al problema dell'ascesa del nazismo nel cuore dell'Europa negli anni Trenta significa affrontare un problema di grande complessità. Come si è potuta affermare, ottenendo il consenso di una larga parte dei tedeschi, una ideologia disumana destinata a condurre alla catastrofe la Germania e l'intera Europa, e a determinare con la Shoah un assoluto punto di non ritorno, una profonda cesura nella Storia? Tentare di rispondere a queste domande significa mobilitare una serie di fattori e di concause. Lo studente che si avvicini per la prima volta alle questioni connesse all'ascesa del nazismo deve in primo luogo rendersi contro che la teoria della follia di un solo uomo, se mai qualcuno abbia seriamente inteso difenderla, non mette capo a nulla. Questo non esclude, naturalmente, che la figura di Adolf Hitler abbia svolto un ruolo rilevante, inserendosi in primo luogo nel clima esplosivo della Germania del primo dopoguerra. 


Nel suo importante saggio Hitler e l'enigma del consenso, lo storico britannico Ian Kershaw (n. 1943) offre una lettura critica dell’ascesa del nazismo utilizzando categorie weberiane, in primo luogo quella di potere carismatico (per questa ragione è consigliabile arrivare alla lettura dopo essersi procurati almeno un’infarinatura dei principali concetti della teoria sociologica e politica di Weber, si veda in particolare: Max Weber > tipi di potere > potere carismatico).

Nell’Introduzione Kershaw fa emergere già la sua lettura come un tentativo di superare sia la tradizione interpretativa marxista che quella liberale: la prima, privilegiando l’ambiente rispetto agli individui, ha avuto la tendenza a fare di Hitler e del nazismo “l’espressione del potere dei gruppi più reazionari del capitale finanziario e imperialistico tedesco”; la seconda, privilegiando vice versa gli individui e la loro capacità di incidere sul corso della storia, ha attributo un peso eccessivo alle doti personali di Hitler come fattore esplicativo, trascurando tutti quegli aspetti che contribuirono in modo decisivo a favorire il terreno.

Spesso la polarizzazione di un dibattito su due posizioni radicalmente opposte ha sortito effetti euristici positivi, mentre in altri casi è stato vero piuttosto il contrario. A ogni buon conto, sembra giunto il momento di fare un passo in avanti. Possiamo cominciare col riconoscere senza ombra di equivoci il posto di assoluto rilievo occupato da Hitler nella storia tedesca negli anni 1933-45 (…), e tuttavia in sede di spiegazione storica ciò che conta davvero sono sia le intenzioni dei personaggi di primo piano, sia le condizioni esterne che facilitano o ostacolano tali intenzioni. I moventi, gli obiettivi e gli intenti dei principali uomini politici sono di vitale importanza, ma d’altra parte non fluttuano nel vuoto. La maggior parte delle volte essi devono operare all’interno di circostanze che sfuggono al controllo e alle possibilità di manipolazione dei singoli personaggi storici, per quanto grande sia il loro potere. (p. 13)

Su queste linee interpretative, Kershaw riesce a portare avanti con brillantezza e persuasività una spiegazione multifattoriale ed equilibrata, nella quale l'ascendente che Hitler esercitò sul suo immediato seguito occupa comunque un ruolo di primo piano:  

Man mano che deperiscono le regole “razionali” di distribuzione del potere, il processo di concentrazione  dello stesso a favore di un singolo elemento del sistema e a discapito di tutti gli altri diventa sempre più inarrestabile. Nel Terzo Reich, l’iniziale “cartello di potere” comprendente sia la componente nazista che alcuni settori della vecchia classe dirigente nazional-conservatrice fu scosso, con il passare degli anni, da lotte intestine sempre più aspre, a conclusione delle quali furono proprio le fazioni più radicali ad avere la meglio. Il loro successo fece solitamente aggio sulla protezione diretta del Fuhrer, ma si può dire, all’opposto, che la stessa posizione di Hitler fu significativamente rafforzata dall’emergere, all’interno del citato “cartello di potere”, delle componenti che erano a lui più legate e che si presentavano come i più decisi organi esecutivi delle politiche immediatamente ispirate alle sue direttive ideologiche. (pp. 15-18)

Il saggio è impreziosito da un buon numero di foto storiche.

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