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Terzo Reich e capitalismo farmaceutico


Il saggio: La farmacia di Auschwitz, di Patricia Posner, pubblicato in Italia da Newton Compton editori.

 

 

 

Il contributo che segue è in parte una recensione del libro, dal quale ho attinto molte informazioni, ma non si concentra sulla figura del farmacista Victor Capesius (tedesco della Romania che scala tutti i gradini dell’azienda fino ad arrivare a svolgere un ruolo di primo piano ad Auschwtz), centrale nella brillante ricostruzione dell’autrice, bensì sul nesso tra capitalismo farmaceutico e ideologia del Terzo Reich. La disumana collaborazione, inizialmente difficile, trovò il suo punto di incontro nella riduzione dell’uomo a mezzo.

La storia della Farben e il rapporto con il Terzo Reich

Reso operativo il 14 giugno 1940, “il campo era stato istituito come un centro per la sperimentazione medica, il lavoro forzato e lo sterminio: il prodotto letale della collaborazione militare, industriale e politica tra i nazisti e la IG Farben, il colosso chimico e farmaceutico tedesco.” (p. 19).

La Farben fu fondata nel 1925, otto anni prima che Hitler diventasse cancelliere del Reich, come risultato della fusione di sei grosse aziende chimiche e farmaceutiche, tra le quali figuravano i più importanti produttori mondiali di tinture sintetiche: Bayer, Hoechst, Basf, Agfa.

Il gigantesco conglomerato vinse ben quattro premi Nobel per la chimica e la medicina nei quattordici anni che intercorrono tra la sua fondazione e l’inizio della Seconda guerra mondiale. Divenuta rapidamente la più grande industria chimica del mondo, aveva “il monopolio di brevetti innovativi per la lavorazione di materie prime come la gomma e l’olio, oltre a produrre morfina, novocaina, farmaci rivoluzionari per la cura della sifilide, della malaria e avere il brevetto dell’aspirina”. (p. 20).

Le tecnologie sviluppate dalla Farben offrirono a Hitler una “singolare opportunità di ricostruire la Germania senza più dipendere dalle forniture di petrolio, gomma e nitrati di altri Paesi” (p. 20).

Il matrimonio, tuttavia, fu dall’inizio difficile, perché molti dei migliori scienziati della Farben e circa un terzo dei membri del suo consiglio di amministrazione erano ebrei, per cui “c’era un aspetto schizofrenico nell’accoppiamento tra la Farben e il Terzo Reich” (p. 21). La Farben era denigrata dai nazisti come “uno strumento del capitale finanziario internazionale”. Paradossalmente, alcune delle più feroci critiche da parte dei nazisti si concentravano sul fatto che la Farben utilizzasse animali per le sue sperimentazioni: “i vertici nazisti erano ferventi sostenitori dei diritti degli animali e Hitler stesso era un vegetariano che avrebbe voluto abolire tutti i macelli della Germania”. (p. 21).

La compagnia era diretta da Carl Bosch, chimico premio Nobel, che non era di certo un fan di Hitler e considerava i nazisti come dei criminali politici incapaci di apprezzare le innovazioni scientifiche dell’azienda. Tutto iniziò a cambiare quanfo Hitler cominciò a scalare il potere, allora “Bosch capì che la Farben doveva operare una trasformazione da outsider inaffidabile a partner indispensabile. Così aprì i forzieri della Farben e diventò il principale finanziatore del partito nazista nelle elezioni del 1933”. (ivi) Successivamente, Bosch manifestò ancora preoccupazione per la crescente esclusione degli ebrei dalla ricerca scientifica e continuò a perorare la causa degli scienziati ebrei. Da allora Hitler non volle più incontrarlo. “Se si fosse trattato di una azienda con meno potere, i nazisti l’avrebbero smantellata”, ma avevano bisogno del suo formidabile know-how, così nazificarono la Bayern. Nel 1938 le tensioni tra i nazisti e la Farben si accrebbero, tuttavia con l’Anschluss l’azienda acquisì il controllo della Skodawerke-Wetzler, la principale azienda chimica austriaca. Stessa sorte toccò alla Aussiger Verein, la maggiore industria chimica cecoslovacca.

Inoltre, dopo il giugno 1940, le aziende chimiche francesi furono prontamente nazificate e “attraverso una nuova holding la Farben acquisì il controllo della potente industria chimica francese”. (.25). A questo punto Ponser significativamente registra che “le ambizioni della Farben crescevano di pari passo con le vittorie tedesche". (ivi).

Allo stesso tempo, la guerra creava una nuova e pressante domanda, per esempio la gomma “necessaria sia per gli pneumatici che per gli stivali, iniziava a scarseggiare”. Hitler impose allora alla Farben di raddoppiare la produzione di gomma e petrolio sintetici, chiedendole di costruire due nuovi impianti. L’azienda individuò i siti ideali nel sud della Norvegia e nella Polonia occidentale, vicino a una ex caserma che i nazisti stavano trasformando in un campo di concentramento, nella Slesia polacca, vicino alla confluenza di tre fiumi. I più importanti distretti minerari della Germania si trovavano a una trentina di chilometri. Questo significava che la Farben avrebbe potuto usufruire del lavoro gratuito dei detenuti.

“La Farben nutriva ambiziosi progetti per la IG Auschwitz” progettata per produrre quantità record di gomma e petrolio sintetici. IG Auschwitz rappresentò per la Farben un ingente investimento, “avrebbe richiesto più elettricità di Berlino”. “Himmler ordinò all’ispettore dei campi di concentramento di reclutare oltre 12.000 detenuti”. “La Farben non avrebbe immaginato le terribili conseguenze delle crudeli punizioni corporali inflitte dalle SS sulla sua nuova forza lavoro”. Costanti abusi, compresi bastonature a morte. “Nei loro comunicati interni, i dirigenti della Farben deprecarono il fatto che le SS non capissero cosa fosse necessario per far fiorire la libera impresa”. Colpisce, in una simile dichiarazione, il fatto che la dignità della persona, annichilita dai nazisti, non fosse nelle preoccupazioni della Farben. Lo era invece il fatto che la manodopera malridotta non era abbastanza produttiva.

 

 

Monowitz-Buna-Werke

 

L’inizio della “bancarotta morale” dell’azienda”, per usare una efficace definizione della Posner, fu segnata quando “decise che il modo migliore per risolvere il problema dei lavoratori (…) fosse costruire un proprio campo di concentramento al costo di circa 20 milioni di dollari. Il sito scelto era adiacente a quello dello stabilimento, a est del campo originale. Il ministro del lavoro Ernst Sauckel diede il nullaosta al progetto.

Il nuovo campo fu chiamato Monowirz-Buna-Werke, perché “buna” in tedesco è la gomma sintetica. Per fargli posto fu raso al suolo il villaggio di Monowice. In seguito, la Farben e altre aziende costruirono 45 sotto-campi nella campagna polacca, in un raggio di una cinquantina di chilometri di Auschwitz. “A Monowitz c’erano patiboli, anguste celle di isolamento e una falange di ex prigionieri, che fungevano da sadici caposquadra dei lavoratori forzati.”

“Il lavoratore medio del campo sopravviveva con 1200 calorie al giorno e perdeva circa quattro chili alla settimana prima di stabilizzarsi riducendosi pelle e ossa”.

Gli accordi tra le SS e la Farben diedero il via libera un totale 300.000 lavoratori-schiavi che prestarono servizio per la IG-Farben, tra i quali Elie Wiesel e Primo Levi.

Tutti i medici del campo vi dovevano partecipare alle selezioni. Josef Mengele era tra i più zelanti, si offriva volontario per turni extra. “In piedi, in fondo ai binari, era il primo nazista che scorgevano le decine di migliaia di prigionieri arrivati su quei treni”. “Circa 5000 gemelli, molti dei quali ancora bambini, passarono attraverso quello che i prigionieri chiamavano lo “zoo di Mengele”, la baracca 14 del campo F. Gli esperimenti sui gemelli dovevano servire per “svelare i segreti dei gemelli, così ogni madre ariana avrebbe potuto avere due figli per rimpolpare le fila dell’esercito tedesco”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mappa del complesso di Auschwitz tratta dal sito Pietre d'inciampo. Monowitz è Auschwitz III.

Lo Zyklon B

“Il brevetto della formula chimica dello Zyklon B [la variante inodore] apparteneva a una società tedesca, la Degesch (…) la Farben possedeva il 42,5% delle azioni della Degesch e controllava il suo consiglio di amministrazione”. “A partire dal 1942 le ingenti ordinazioni di Zyklon B da parte delle SS fecero salire alle stelle i profitti della Degesch. Auschwitz ne aveva ordinate ben 23 tonnellate. - Dopo la seconda guerra mondiale la società continuò la propria attività.

Secondo una testimonianza resa da un assistente di Capesius, “l’apparato dello sterminio funzionava senza intoppi” e “ognuna delle unità coinvolte nella”ì gestione di un carico di detenuti aveva un compito specifico”. Ad ogni crematorio era annessa una camera a gas, poi funzionamento e modalità di somministrazione dello Zyklon B (p. 64). Uso delle ceneri. Per prolungare la durata delle scorte, le SS provarono anche a somministrare dosi ridotte, ma “nessuno sembrò preoccuparsi del fatto che il nuovo dosaggio prolungava di venti minuti l’atroce agonia della vittima”.

La dottoressa Herta Oberhouser usava regolarmente le iniezioni di Evipan per uccidere bambini nel suo laboratorio prima di rimuovere gli organi e gli arti per spedirli a un centro di ricerca genetica a Berlino”. Ebbe solo 7 anni di detenzione dopo la guerra.

Capesius, che aveva iniziato la sua carriera come impiegato nella filiale locale della Farben, aveva ormai del tutto abbracciato il punto di vista dei suoi amici medici tedeschi, convinto che gli esperimenti che si conducevano al campo fossero “realmente importanti, perché non c’era nessun altro posto al mondo dove si potessero condurre ricerche così liberamente”. “La testimonianza più drammatica del suo declino morale fu la partecipazione alle selezioni che stabilivano chi sarebbe sopravvissuto e chi sarebbe morto”.

 

Il 20 agosto 1944 Monowitz è colpito dal primo raid di bombardamenti alleati. L’enorme impianto della IG-Farben viene bombardato. Perdono la vita 40 dei 1200 prigionieri di guerra inglesi rinchiusi nel campo. Ancora bombardamenti a settembre (Capesius era in licenza). L’Armata rossa a quella data aveva invaso la Transilvania, causando il brusco cambio di bandiera dell’Ungheria.

“Un onnipresente odore dolciastro di carne umana bruciata che permeava tutto, in modo invisibile, come un corpo disperso finemente dentro ognuno di noi”. (Gisela Bohm).

Nel novembre 1944, nella certezza della sconfitta incombente, H. Himmler ordina la fine delle esecuzioni di massa.

Il 2 novembre lo Zyklon B viene usato per l’ultima volta ad Auschwitz. I nazisti cominciarono a cancellare le prove degli omicidi di massa. I forni crematori furono smantellati. Era però impossibile evacuare tutti i detenuti, circa 600mila, e 250mila lavoratori forzati.

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